Alcuni paesi del Salento il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, celebrano il rito delle “
Tavole di San Giuseppe”.
Si tratta di tavole imbandite di pietanze alcune delle quali legate esclusivamente a questa ricorrenza, realizzate da famiglie devote al Santo.
Si tratta di una
cerimonia antichissima le cui origini vanno fatte risalire da alcuni all’epoca Medioevale, quando i nobili locali offrivano ricchi banchetti ai più bisognosi, altre fonti alle opere delle “Confraternite di San Giuseppe”, altre ancora ai pasti caldi che i monaci brasiliani erano soliti offrire alla povera gente del luogo.
Come già detto si tratta di tavole, coperte da lunghe tovaglie bianche, sulle quali si allineano
grandi pani a forma di ciambella ai finocchi e alle arance accompagnati da un buon numero di pietanze volute dalla tradizione:
Vermiceddhi col cavolo, pasta e ceci, pesce fritto, verdure lesse, lampascioni, pettole e tanto altro ancora.
Alcuni di questi cibi hanno un significato simbolico, per esempio il pesce fritto rappresenta Gesù Cristo, la pasta e ceci il narciso, fiore tipico della primavera.
I commensali variano da 3 a 13 persone e comunque non possono essere mai in numero pari.
Essi rappresentano Giuseppe, Maria, Gesù ed altri 10 Santi.
Questi “Santi”, dopo aver ricevuto la Comunione in chiesa, si dispongono intorno alla tavola e San Giuseppe attraverso un colpo di bastone sul pavimento dà inizio al pranzo.
Quando batte per tre volte la forchetta sul piatto, i commensali si fermano per pregare, quindi un devoto introduce una nuova pietanza e il ciclo si ripete.
I paesi che conservano intatta questa tradizione sono:
Giurdignano, Poggiardo, Uggiano La Chiesa, Cocumola, Minervino di Lecce, Casamassella, Otranto, Lizzano, San Marzano, San Pietro Vernotico, San Donaci.In altri paesi ancora, come
Erchie e Torre Santa Susanna nel brindisino, il banchetto viene allestito per strada da diversi devoti, viene benedetto dal parroco e quindi consumato dall’intera comunità.